Di Mauro Fadda
Francesco I Re di Francia dopo la disfatta di Pavia 24 febbraio 1525, scrisse alla madre: “Madame, de toutes choses ne m’est demeuré que l’honneur et la vie qui est sauve”. Che siano nobili, cittadini, re, generali o semplici soldati in guerra tutti rischiano di perdere la vita. Morire in battaglia per un soldato è normale. Uso il termine “soldato” in senso onnicomprensivo, volendo includere tutti coloro che vengono coinvolti nelle guerre in prima persona. La maggioranza di quegli uomini che cadono nei conflitti sono persone destinate o condannate all’oblio del tempo: non saranno ricordati nei trattati di storia perché sono morti in questa o in quell’altra battaglia, ma saranno ricordati per il comportamento che hanno tenuto in quel tremendo “gioco” che è la guerra. Uso questo termine condividendo il significato che ne viene dato in Homo Ludens di lo studioso dimostra e spiega come il concetto e il principio del gioco siano elementi innati nell’agire umano e anzi come ogni azione e fenomeno umano possa essere ricondotto a questa attività. Che siano stati prodi eroi o degli emeriti codardi non sfuggiranno al giudizio impietoso della storia. Questa regola del divenire storico trova in noi Paracadutisti della Folgore piena conferma. Nella Battaglia di El Alamein, che venne combattuta tra 23 di ottobre ed il 5 novembre 1942, pur sconfitti ci siamo coperti d’onore. La Folgore fu l’ultima a cedere all’avanzata della 13° Armata inglese. Qualche giorno dopo, a battaglia conclusa, gli inglesi commentarono il nostro valore con queste parole: “i resti della divisione Folgore hanno resistito oltre ogni limite delle possibilità umane”. Il primo ministro inglese Winston Churchill, all’indomani della battaglia, disse: “dobbiamo inchinarci davanti ai resti di quelli che furono i leoni della Folgore”. Qualcuno si chiederà il motivo di questa premessa… La reponsé est très simple: Francesco I si è coperto d’onore a Pavia, la Folgore ad El Alamein. Dall’oblio del tempo di norma emergono gli eroi e gli infami e come ho scritto poco sopra i “soldati” saranno sempre ricordati per il comportamento tenuto nel campo di battaglia. Noi abbiamo il dovere di onorare la memoria dei nostri “Padri” che elevarono la Folgore sull’altere del mito. Ci sono luoghi: Sacrario di El Alamein Q 33. E simboli: il Labaro ed il Tricolore. E parole scritte e pronunciate da Uomini dal Basco Amaranto che sono diventati macigni nel divenire della storia umana:
“Fra sabbie non più deserte
sono qui di presidio per l’eternità
i ragazzi della FOLGORE
fior fiore di un popolo e di un esercito in armi
caduti per un’idea senza rimpianti
onorati dal ricordo dello stesso nemico
essi additano agli italiani
nella buona e nell’avversa fortuna
il cammino dell’onore e della gloria.
Viandante arrestati e riverisci.
Dio degli eserciti accogli gli spiriti di
questi ragazzi in quell’angolo del cielo
che riserbi ai martiri e agli eroi”
(Ten Col, Paracadutista Alberto Bechi Luserna Medaglia d’Oro al Valor Militare)
Per me e credo per tutti quelli che hanno avuto l’onore di servire questo Paese facendo parte della Brigata Paracadutisti Folgore, violare una di queste icone è commettere un sacrilegio (uso il termine icona nel suo significato di rappresentazione sacra). Vengo dunque al punto di questo elaborato: mettere nelle mani di una persona di dubbia integrità morale uno dei nostri “simboli sacri” è commettere un sacrilegio, ma peggio ancora è offendere la memoria di quegli Uomini che hanno fatto grande la Folgore. Dal libro I Ragazzi della Folgore di Alberto Bechi Luserna e Paolo Caccia Dominioni: “Sarà frutto di selezione, dell’educazione che abbiamo loro impartito, del tirocinio al rischio derivante dal mestiere di paracadutista, ma ce l’hanno. Avete notato, ad esempio, come sanno cadere i nostri ragazzi? È vero: cadono in bellezza, con un loro stile inconfondibile di soldati e di razza. Da Rossi che si porta a rimorchio un’intera fronte con uno squillo di tromba, a quel ragazzo che cantava sparando in caccia contro i carri: v’è in tutti una tale potenza spirituale da ridurre la guerra alla funzione di cornice, di semplice cornice alla bellezza dell’episodio. L’orrore di questa fronte, le masse polverose degli armati, le tribolazioni, lo squallore desolato della natura, svaniscono nel miraggio, attorno al corpo di un caduto, componendo un lontano e sfocato scenario da Golgota. Il vero protagonista è lui, quel ragazzo disteso bocconi col pugno sanguinante ancora chiuso sulla bomba… C’erano uomini di tutte le età, giovani e meno giovani. Pure un anziano monsignore, don Augusto Moglioni, pensò di arruolarsi. Anzi, fu proprio lui, seppur involontariamente, a suggerire il nome Folgore… Terminava l’epistola, a guisa di saluto e di vaticinio, con il motto ‘Ex alto fulgor’. Lo scritto ci piacque, il motto anche, e l’adottammo. Il nome di ‘Folgore’ nacque così”. Fonte: www.ilgiornale.it. Nessuno e dico nessuno può permettersi il lusso di macchiare d’infamia la Nostra Storia. Questo vale per tutti, ma vale soprattutto per l’A.N.P.d’I. di Torino che ha concesso ad una persona di dubbia moralità di portare il Labaro durante alcune manifestazioni pubbliche ufficiali. Non sono più iscritto all’A.N.P.d’I, sebbene mi iscrissi per la prima volta nel lontano 1977. E sono felice di non farne più parte anche perché se ne facessi ancora parte proverei una profonda vergogna per tutti coloro che hanno militato nella Gloriosa Folgore, ma soprattutto per tutti Coloro che versando il proprio sangue hanno consegnato la Folgore al mito e che dall’alto vedono nelle mani di chi sono finiti i loro, i nostri “Simboli Sacri”.